Marco d’Oggiono
Santa Veronica
Olio su tela
66 x 52,5 cm
Collezione privata
La figura di Veronica (dal latino “vera icona”), l’emorroissa ricordata negli Atti di Pilato dei Vangeli apocrifi, è strettamente connessa all’immagine acheropita del Volto Santo di Cristo, rimasto miracolosamente impresso nel velo che la donna porse al Redentore durante la sua salita al Calvario. Secondo alcune tradizioni la reliquia, portata dalla stessa Veronica a Roma, si conserverebbe in S. Pietro. Il culto della santa, la cui vicenda è ricordata nella VI stazione della Via Crucis, prende vigore nel XV secolo, diffondendosi particolarmente in area fiamminga, dov’è venerata come protettrice dei mercanti di stoffe e lino, e in Francia, dove si crede che abbia diffuso il cristianesimo insieme al marito Zaccheo.
La Santa Veronica con il velo qui esposta è un dipinto legato alla devozione privata, probabilmente di committenza filofrancese di area milanese. Nell’opera la santa, raffigurata a mezzo busto, dirige lo sguardo, dolce e compassionevole, verso il panno sacro, sostenuto delicatamente tra pollice e indice. La figura si staglia su un fondo scuro, dal quale emerge modulata da forti contrasti chiaroscurali.
Il dipinto, proveniente dal mercato antiquario, viene ascritto da Simone Ferrari alla maturità di Marco d’Oggiono, attribuzione condivisa da Alberto Cottino (Ferrari 2019). Lo studioso riferisce anche la presenza di una scritta in cirillico sul retro della tela, afferibile al suo trasferimento da tavola nel 1855 quando si trovava in collezione a San Pietroburgo (Ferrari 2019, p. 280).
Esistono effettivamente alcune corrispondenze con la cifra stilistica del d’Oggiono che segue la redazione della copia della Vergine delle Rocce del Castello sforzesco, datata dopo la metà del primo decennio del XVI secolo.
La meditazione intorno a questo saggio di Leonardo e in particolare lo studio del volto della Vergine testimoniato anche dalla Madonna dei fiori di collezione Datrino, di identica composizione all’opera omonima esposta in questa mostra, così come quello del san Giovanni del cenacolo milanese mediato dalla copia dell’Ultima cena del Castello di Ecouen, si imprime nei moduli stilistici adottati dal pittore. Li ritroviamo in particolare nel volto della Vergine col Bambino del pannello centrale del doppio trittico di Blois, che presenta una vicinanza formale col volto della santa in oggetto, tanto da suggerire l’utilizzo di un medesimo cartone, opportunamente ribaltato. Al san Giovanni nel deserto di questo retablo (Ferrari 2019), così come a quello con donatore della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano, potrebbe essere del resto avvicinabile il Volto Santo della Veronica, nella contiguità fisionomica e definita da netti contrasti chiaroscurali del santo.
A queste componenti di matrice leonardesca, andrebbe aggiunta la suggestione derivata al d’Oggiono dai modelli perugineschi, presenti anche in opere della maturità come la Madonna del lago di Greenville e la Natività del Louvre, di cui si coglie una eco nella levità affettata del volto e delle mani della santa Veronica, così come nel pervasivo arcaismo classicheggiante che definisce la figura.
Bibliografia
*P. C. Marani, Leonardo e i leonardeschi a Brera, Firenze 1987, pp. 168-169, n. 318;
* J. Shell, in I leonardeschi. L’eredità di Leonardo in Lombardia, Milano 1998, pp. 163-178;
*D. Sedini, Marco d’Oggiono, tradizione e rinnovamento in Lombardia tra Quattrocento e Cinquecento, Milano-Roma, 1989, pp. 59-60, n. 22, 68-71, 92-100;
*A. Ballarin, Leonardo a Milano. Problemi di leonardismo milanese tra Quattrocento e cinquecento. Giovanni Antonio Boltraffio prima della Pala Casio, 4 vol. Verona 2012;
*S. Ferrari, in Leonardo and his outstanding circle, catalogo della mostra (Beijing, Cafa Art Museum, 12 settembre - 8 dicembre 2019), a cura di Nicola Barbatelli, ed. Champfleury, Pechino 2019.
Daniela Alejandra Sbaraglia
Veronica, traditionally identified as the woman suffering from a form of severe bleeding in the Acts of Pilate, is undeniably connected to the image of the Holy Face of Christ. According to the story, Veronica offered a veil to Jesus during his ascension to Mount Calvary, and miraculously, his face was imprinted on the cloth. This event is often located at the VI station of the Via Crucis, depicting Christ's journey to the crucifixion. The name "Veronica" is derived from the Latin term "vera icon," meaning "true image," emphasizing the authenticity of the miraculous imprint.
According to certain traditions, Veronica is said to have personally brought this relic to Rome, where it is still preserved in Saint Peter's Basilica. The worship of Veronica gained significant strength during the 15th century, especially in Flanders, where she is venerated as the protector of textile merchants, and in France, where she is believed to have introduced the Christian religion alongside her husband Zaccheus.
The artwork of Saint Veronica with the Veil in question was designed for private worship. The commissioner is believed to have resided in the Milan area, but the artwork is associated with French culture. In this painting, Saint Veronica is depicted as a half-length portrait, with a compassionate gaze directed towards the veil she holds delicately between her fingers. The saint stands out against a dark background, skillfully brought to life through a pronounced chiaroscuro effect.
The painting was acquired from an auction house. Art historian Simone Ferrari has attributed this artwork to Marco d'Oggiono, a conclusion further supported by Alberto Cottino (Ferrari, 2019). Additionally, Ferrari noted the existence of Cyrillic writing on the back of the canvas. These inscriptions could be a result of the painting's history, as it was previously held in a collection in Saint Petersburg and underwent a transfer from a panel to its current canvas format in 1855 (Ferrari, 2019, p. 280).
Indeed, there are several elements that support the idinfication with a work of d’Oggiono, and in particular in his period that followed his participation to the completion of the Virgin of the Rocks at the Sforzesco castel after the first decede of the XVI century.
The meditation on Leonardo's pivotal work, especially focusing on the face of Mary, has a significant influence on d'Oggiono's artistic style. This influence can be observed in the Madonna of Flowers at the Datrino Collection, where similarities in the construction of the face with the Saint Veronica in question can be noticed. Additionally, d'Oggiono's contemplation of Leonardo's portrayal of Saint John the Evangelist from the Last Supper, known through the copy at the Ecouen Castle, also plays a crucial role in shaping his artistic approach. We can find these very same elements in the Virgin and Child, which is the central panel of the double triptych of Blois. In this artwork, the face of Mary exhibits several similarities with the face of Veronica, to the extent that we can even speculate about the use of the same preparatory drawing.
On the other hand, the Holy Face imprinted on the veil of Veronica could be linked to the portrayal of Saint John in the desert, found in the double triptych of Blois (Ferrari, 2019), as well as to the depiction of Saint John with the patron in the church of Santa Maria delle Grazie in Milan. Both works display a similar physiognomy, which is accentuated through a strong chiaroscuro contrast.
Together with visual elements inspired by Leonardo, Marco d'Oggiono also integrated influences from Perugino into his artistic style. The Saint Veronica painting shares certain characteristics, such as the elegance of the head and hands, as well as a consistent classical style, which can be observed in other works like the Madonna of the Lake at the Museum of Bob Jones University in Greenville and the Nativity of Jesus at the Louvre.
Bibliography
*P. C. Marani, Leonardo e i leonardeschi a Brera, Firenze 1987, pp. 168-169, n. 318;
* J. Shell, in I leonardeschi. L’eredità di Leonardo in Lombardia, Milano 1998, pp. 163-178;
*D. Sedini, Marco d’Oggiono, tradizione e rinnovamento in Lombardia tra Quattrocento e Cinquecento, Milano-Roma, 1989, pp. 59-60, n. 22, 68-71, 92-100;
*A. Ballarin, Leonardo a Milano. Problemi di leonardismo milanese tra Quattrocento e cinquecento. Giovanni Antonio Boltraffio prima della Pala Casio, 4 vol. Verona 2012;
*S. Ferrari, in Leonardo and his outstanding circle, catalogo della mostra (Beijing, Cafa Art Museum, 12 settembre - 8 dicembre 2019), a cura di Nicola Barbatelli, ed. Champfleury, Pechino 2019, pp. 279-280.