Seguace di Leonardo
(Ambrogio de’ Predis ?)
Madonna col Bambino
Olio su tavola, 45 x 35,5 cm
Collezione privata
Questa piccola tavola da devozione, inedita, raffigura una Vergine a mezzo busto che con la mano destra porge al Bambino fiori di giacinto e trifoglio. Seduto su di una mussola poggiata su un parapetto bruno, sostenuto dalla mano sinistra della madre, il piccolo Gesù si china a raccogliere i fiori, simboli della salvezza dell’uomo ottenuta per intercessione del suo futuro sacrificio (Levi d’Ancona, 1977, pp. 99-100; 178-181; 375-377). Il gesto manifesta la consapevole consegna al proprio destino del Divino Infante che, in contrapposto rispetto al corpo, ruota il viso verso lo spettatore. L’espediente, proiettando il devoto nella sfera d’azione del gruppo sacro, ne intensifica il coinvolgimento emotivo.
Il dipinto sviluppa il tema della Madonna dei fiori, già elaborato da Leonardo nella giovanile Madonna del Garofano. Tuttavia, alcuni dettagli, - come quello dello sguardo del bimbo rivolto verso lo spettatore (presente in ambito vinciano a partire dal saggio della Madonna Litta), la posa stessa del piccolo Gesù, visto quasi di schiena, di tre quarti e con le gambe accavallate, fino all’elaborazione tipologica ed espressiva del volto di Maria - direttamente derivati dalla Vergine delle Rocce -, riconducono la rielaborazione iconografica dell’opera in oggetto alla stagione milanese di Leonardo e della sua bottega (tra il primo e il secondo soggiorno del maestro a Milano).
La tavola si inserisce difatti in un gruppo di repliche dello stesso soggetto ascrivibile ai seguaci del Vinci che trova forse la versione qualitativamente più alta e precoce nella Madonna col Bambino di Torre Canavese della collezione Datrino (olio su tela, 40 x 28 cm), attribuita da Carlo Pedretti (2000, p. 125, III.26) ad uno stretto seguace del maestro, Marco d’Oggiono, e segnalata da Fiorio (2000, p. 188, D17) come afferente al medesimo ambito.
Altri tre esemplari della Madonna dei fiori sono riferiti dalla critica a Bernardino de’ Conti, secondo un’attribuzione che meriterebbe invece una riflessione più circostanziata. L’esemplare qualitativamente più alto relativo a questo gruppo si trova al Martin von Wagner Museum dell’Università di Wurzburg (Inv. Nr. F 88). Ritenuto opera del pittore di Castelseprio, (così Fiorio 1982 p. 9; 1984 pp. 38-52, n. 54 e Frangi 2005 p. 337) e in particolare vicino alla sua ultima maniera (Suida, ed. 2001, p. 229, 70), esso sarebbe piuttosto avvicinabile - per la fisionomia florida e gentile del volto della Vergine, modellata secondo un chiaroscuro attento ai trapassi di luce e ombre volti a risaltare gli incarnati, cosi come per la tipologia del piccolo Gesù, agli esiti della Madonna col Bambino della Pinacoteca di Brera (inv. 307) di Francesco Galli, un artista “in sintonia con le prove di Ambrogio de Predis influenzate da Leonardo” (Marani 1987, p. 83, n. 4; Frangi 1991, p. 78 fig. 14). Un’ipotesi questa che, se confermata, ancorerebbe l’invenzione del motivo iconografico della Madonna dei fiori all’ultimo decennio del XV secolo.
Altra versione della Madonna dei fiori è quella individuata da Suida (ed. 2001, p. 367 fig 70) nella collezione del mercante Julius Böhler a Monaco, anche questa riferita dallo studioso alla maniera tarda di Bernardino de Conti, quella cioè vicina alla Madonna col Bambino e San Giovannino di Brera (Reg. Cron. 5506). Un accostamento che – stando alla sola disanima fotografica - parrebbe filologicamente più convincente rispetto al precedente ma che risulta non verificabile, dal momento che del dipinto si sono perse le tracce (Frangi 2005, p. 337 n. 144). Tuttavia, vale la pena segnalare che secondo Pedretti (2000, p. 125), la posizione dei piedi del bambino di questa versione sarebbe quella più prossima al modello del Gesù nella Vergine delle rocce di Leonardo, di cui coglierebbe pienamente l’accavallamento delle gambe, solo superficialmente recepito nelle restanti versioni della Madonna dei fiori.
Un ultimo esemplare relativo al gruppo in esame è quello che nel catalogo della fototeca Zeri (n. scheda 32922) risulta attestato in Collezione A. Franzen di New York in data 1929-1930, ed attribuito dallo studioso, che si premura di segnalarne la vicinanza con la tavola di Wurzburg, ancora a Bernardino de’ Conti. Un’attribuzione questa difficilmente contestabile per via della vicinanza formale con la Madonna col Bambino del Castello sforzesco (inv. 0073), tanto nella soluzione del Bambino che nella definizione del volto e dei capelli della Vergine; circostanza che sposterebbe l’esecuzione della Madonna dei fiori Franzen alla prima attività del pittore, tra l’ultimo decennio del XV secolo e l’inizio del XVI, ben armonizzandosi al contesto delle prime elaborazioni condotte nella bottega leonardesca intorno al tema madre-figlio.
Dall’insieme dei dati esposti e dal confronto tra le differenti declinazioni del tema della Madonna dei fiori offerto dalla bottega leonardesca, emergono alcuni elementi utili a circoscrivere l’opera in mostra: ragioni stilistiche portano ad escludere una derivazione della tavola tanto dall’ambito boltriaffesco che d’oggionesco, per una minor levità pittorica e dolcezza di sfumato, oltre che per una minor qualità soprattutto in relazione alla resa anatomica (si veda la mano sinistra di Maria) e psicologica dei personaggi; d’altra parte il dipinto è distante – anche se non estraneo - ai saggi attribuiti a Bernardino de Conti ed in particolare alla versione Franzen (la versione di autografia più certa), per un disegno più duro di quest’ultima, specie nel volto della Vergine, definito con volumi nitidi, delineati da contorni incisivi. Di contro, il volto di Maria della Madonna dei fiori in oggetto presenta un disegno più morbido nei lineamenti ed una maggiore resa espressiva che sembra più affine alla versione Wurzburg, possibilmente avvicinabile all’ambito di Francesco Napoletano.
Va ancora detto che tanto la tavola Wurzburg, che la Franzen, così come l’opera in mostra, sono accomunate dalla vicinanza tipologica del piccolo Gesù che, a sua volta, parrebbe in rapporto diretto con la testa di putto del foglio della Pinacoteca Ambrosiana (inv. Inf. 100), un disegno in punta metallica su carta preparata in azzurro raffigurante il piccolo Francesco Sforza, dato generalmente ad Ambrogio de’ Predis (Fiorio 2000, pp. 174-175, C14). Va in ogni caso evidenziato che, a causa di pulizie aggressive dovute a vecchi restauri, la pellicola pittorica della nostra tavola, in particolare proprio nella figura del Bambino, risulta fortemente compromessa a causa di abrasioni che la impoveriscono, dando l’impressione generale di un mancato grado di finitura e rendendo difficile la valutazione complessiva della sua qualità. Risultano quasi del tutto scomparse le velature e le rifiniture utili a definire l’inanellamento dei capelli della Vergine, rialzati a piccoli tocchi di biacca, così come i riccioli del Bambino, compromessi a tal punto da far intravedere il disegno sottostante della testa. Sono inoltre andate perse le applicazioni in oro delle aureole e dei dettagli del vestito di Maria, di cui restano le tracce nel rosso del bolo sottostante.
Va infine rilevato che la Madonna dei fiori qui esposta sembra risentire dell’ambiguità di genere leonardesca offerta dai modelli del San Giovanni del Cenacolo vinciano (forse mediato dalla testa dell’Angelo musicante destinato all’anta laterale sinistra dell’ancona di San Francesco Grande, oggi alla National Gallery e attribuito con riserva a Francesco Galli), così come della seconda versione della Vergine delle rocce, opera che vide il largo coinvolgimento di Ambrogio de’ Predis e, probabilmente, dei suoi diretti collaboratori. A questo maestro sono associate del resto opere come il San Sebastiano del Museo di Cleveland e la Fanciulla col piatto di ciliegie del Metropolitan Museum di New York, riferite da Fiorio all’artista o a un più generico “Maestro del Ritratto Archinto” (2000, p. 171, C9; 192, D23), che presentano non pochi elementi di assonanza fisiognomica con la nostra Madonna dei fiori.
L’insieme di questi elementi porterebbe a riferire la tavola in oggetto ad un pittore leonardesco gravitante intorno alla cerchia di Ambrogio de’ Predis, che contava tra i suoi collaboratori i nomi di Francesco Galli e Bernardino de Conti; come questi ultimi l’anonimo pittore può aver elaborato, secondo la propria sensibilità, il fortunato modello iconografico della Madonna dei fiori, particolarmente caro alla bottega leonardesca milanese sullo scorcio del XV e l’inizio del XVI secolo.
Bibliografia:
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F. Frangi, in Pinacoteca Ambrosiana, Tomo primo – Dipinti dal medioevo alla metà del Cinquecento, Milano 2005;
A. Ballarin, Leonardo a Milano, in Pittura del Rinascimento nell’Italia Settentrionale, 7, Verona 2010;
M. C. Passoni, in Il Rinascimento a Biella. Sebastiano Ferrero e i suoi figli, catalogo della mostra a cura di M. Natale (Biella, Palazzo Ferrero-Palazzo La Marmora-Museo del Territorio Biellese, 19 April - 18 August 2019), Biella-Milano 2019, n. 13;
Leonardo e la sua grande scuola, catalogo della mostra a cura di N. Barbatelli (Torino, Palazzo Cavour, 9 febbraio – 12 maggio 2019; Venezia, Fondazione Ugo e Olga Levi, 31 maggio – 25 agosto 2019), Poggio a Caiano 2019;
Leonardo e la Madonna Litta, catalogo della mostra a cura di A. di Lorenzo e P. C. Marani (Milano, Museo Poldi Pezzoli, 7 novembre 2019 – 10 febbraio 2020).
Daniela Alejandra Sbaraglia
This small, yet to be published panel depicts a half-length Virgin offering hyacinth and clover flowers to the Child Christ. The scene shows Christ sitting on a muslin-draped parapet next to his mother, as he leans over to pick up the flowers symbolizing the salvation of mankind through his future sacrifice (Levi d’Ancona, 1977, pp. 99-100; 178-181; 375-377). The painting captures a particular gesture suggesting Christ's willing acceptance of his own destiny. Notably, the painter turns Christ's face outward, intentionally involving the observers in the action and intensifying their emotional connection and participation in the scene.
The painting belongs to the typology of the Madonna of the Flowers, a theme that Leonardo had previously explored in his early work, the Madonna of the Carnation. However, certain details in this painting indicate a meditation on the iconographic elements of the scene, influenced by the period when Leonardo was traveling back and forth to Milan, particularly between his first and second stay in that city. These details include Christ's pose, showing his back with crossed legs and his poignant gaze toward the observer, elements that later became recurrent within the close circle of Leonardo after the creation of the Madonna Litta. Additionally, Mary's facial expression is directly copied from the Virgin of the Rocks, highlighting the artist's keen attention to previously explored motifs and their reinterpretation in this artwork. For this reason, this painting should be considered as one of the several copies that students within the close circle of Leonardo developed from the original Madonna of the Carnation. One of the best examples of these copies, in terms of quality, is probably the Virgin and Child from the Datrino Collection in Torre Canavese (oil on canvas, 40 x 28 cm). This painting has been attributed to Marco d’Oggiono by Carlo Pedretti (2000, p. 125, III.26) and identified by Fiorio (2000, p. 188, D17) as an effort of a painter associated with Leonardo's close circle.
Bernardino de’ Conti is credited with three more examples of the Madonna of the Flowers, although this attribution may require further argumentation to establish its validity. Among these works, the one in the Martin von Wagner Museum at Wurzburg University (Inv. Nr. F 88) stands out for its exceptional quality. Art historians unanimously consider this Madonna as a work of Bernardino (see Fiorio 1982 p. 9; 1984 pp. 38-52, n. 54 and Frangi 2005 p. 337), especially in line with his last period's style (Suida, ed. 2001, p. 229, 70). However, another pertinent comparison can be drawn with Francesco Galli's Virgin and Child at the Pinacoteca di Brera (inv. 307). This painting showcases similar attention to the figure of Mary, who is portrayed with a gentle and vibrant expression, skilfully shaped through chiaroscuro to enhance subtle nuances of shadows. Art historians suggest that Galli's production is “in line with artworks influenced by Leonardo, particularly those by Ambrogio de’ Predis” (Marani 1987, p. 83, n. 4; Frangi 1991, p. 78 fig. 14). If this idea is further substantiated, it could establish that the typology of the Madonna of the Flowers emerged during the last decade of the 16th century.
Another version of the Madonna of the Flowers is mentioned by Suida (ed. 2001, p. 367, fig. 70) and belongs to the Julius Böhler collection in Monaco. This version, too, is recognized as a work of the last Bernardino de’ Conti, closely related to the Virgin and Child with boy Saint John at Brera (Reg. Cron. 5506). This connection appears more pertinent than the previous comparison, even though not fully demonstrable due to the loss of the painting (Frangi 2005, p. 337 n. 144), with only a photographic image remaining. However, it is noteworthy that according to Pedretti (2000, p. 125), the arrangement of Christ's feet in this version of the Madonna of the Flowers reveals a close relationship with Leonardo's example set in his Virgin of the Rocks. This proximity indicates that the painter of this version achieved a deeper understanding of Leonardo's artistry than any other artists engaging with the same prototype.
The last specimen of the group of the three Madonna of the flowers analyzed so far is included in the digital library of the Zeri Foundation (n. scheda 32922). Historical records indicate that around 1929-1930, the artwork was part of the A. Franzen Collection in New York and attributed to Bernardino de' Conti due to its similarities with the painting at Wurzburg. This attribution is highly convincing, given the close relationship of this version with the Virgin and Child at the Sforzesco Castle (inv. 0073), particularly regarding the arrangement of the little Christ and the detailed depiction of Mary's face and hair. These remarkable similarities suggest that the Madonna of the Flowers Franzen can be dated back to the early phase of the painter's career, likely between the late 15th century and the early 16th century. This period corresponds with the time when Bernardino de' Conti was closely associated with Leonardo's atelier, and it aligns with his early research on the theme of Mother and Son, likely under the direct influence and guidance of Leonardo himself.
Based on our examination of the different versions of the Madonna of the Flowers produced within Leonardo's atelier, we can draw some conclusions that may help in attributing the work in question. Stylistic evidence suggests that the painting is unlikely to have originated from the circle of Boltraffio or Marco d'Oggiono, as it lacks the soft touch, nuanced sfumato, and anatomical and psychological knowledge characteristic of these two painters. Similarly, the painting does not fully align with the different Madonna of the Flowers attributed to Bernardino de' Conti, especially the Franzen version (whose authorship is more certain), which displays a coarse and rigid style. Conversely, the painting under examination is executed with a smooth and expressive line, making it closer in style to the Wurzburg version, which might be associated with the circle of Francesco Napoletano. In addition to the observations made earlier, it is worth noting that our version of the Madonna of the Flowers, along with the Wurzburg and Franzen versions, are associated with a similar typology of Christ. This particular portrayal of Christ may also be related to the head of a putto found in the Pinacoteca Ambrosiana (inv. Inf. 100). The head of the putto is a silverpoint drawing on blueish paper, believed to be a portrait of the young Francesco Sforza, and is commonly attributed to Ambrogio de' Predis (Fiorio 2000, pp. 174-175, C14). It is crucial to acknowledge that the varnish on our painting has suffered significant damage due to aggressive restorations in the past, especially around the figure of Christ. Consequently, the overall quality of the painting is difficult to assess, as its surface has been notably impoverished. The glazes (velature) and delicate finishing touches, such as the rendering of the Virgin's hair and the curls of the Child, have been compromised to the extent that the preparatory drawing underneath the paint is visible. Additionally, all the golden leaves used to depict the halos and the details of Mary's cloak have been lost, though faint traces can still be observed on the bolo applied to hold the leaves in place.
Lastly, the Madonna of the Flowers presented in this exhibition appears to be influenced by the gender ambiguity present in some of Leonardo's artworks, such as the portrayal of John the Evangelist in the Last Supper, as well as in the second version of the Virgin of the Rocks, where Antonio de’ Predis and his atelier contributed to its completion. In particular, the portrayal of John the Evangelist may have been inspired by the Angel Musician created for the left shutter of the ancona (a movable unit placed on the altar) of the church of San Francesco Grande, currently housed at the National Gallery. Furthermore, artworks previously attributed to an anonymous "Maestro del Ritratto Archinto" by Fiorio (2000, p. 171, C9; 192, D23), but later identified as the work of Antonio de Predis, contribute to the understanding of our Madonna of the Flowers. Notably, the Saint Sebastian from the Cleveland Museum and the Girl with Cherries at the Metropolitan Museum of Art in New York display significant anatomical resemblances to our Madonna of the Flowers. Based on the comprehensive analysis conducted, it is plausible to attribute the Madonna of the Flowers in question to an artist who worked within the inner circle of Ambrogio de' Predis. Among the artists associated with this circle, we find Francesco Galli and Bernardino de Conti. Like them, this anonymous artist likely approached the successful model of the Madonna of the Flowers that became popular within Leonardo's atelier in Milan between the late 15th and early 16th centuries.
Bibliography:
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Leonardo e la sua grande scuola, catalogo della mostra a cura di N. Barbatelli (Torino, Palazzo Cavour, 9 febbraio – 12 maggio 2019; Venezia, Fondazione Ugo e Olga Levi, 31 maggio – 25 agosto 2019), Poggio a Caiano 2019;
Leonardo e la Madonna Litta, catalogo della mostra a cura di A. di Lorenzo e P. C. Marani (Milano, Museo Poldi Pezzoli, 7 novembre 2019 – 10 febbraio 2020).
Daniela Alejandra Sbaraglia